Giuro di essere molto ignorante sulla storia (e la frase
potrebbe finire qui) dell’Irlanda, per cui prima di leggere questo libro sapevo
dell'esistenza dell’IRA e forse basta. Anche leggere fiction può istruire, eccome.
L’ho imparato leggendo Eureka Street di Robert McLiam Wilson apprezzatissimo regalo
di compleanno (thank you my dear R) che ho letto in pochi giorni.
I
protagonisti sono due ragazzi sulla trentina, Jake e Chuckie e la loro strampalata combriccola, nati e cresciuti a Belfast e la narrazione si svolge durante gli anni dei Troubles, quando protestanti e cattolici
progettarono e attuarono alcuni terribili atti terroristici in cui a prenderci di mezzo
furono sempre e solo poveri cittadini che si trovavano nel posto sbagliato nel
momento sbagliatissimo.
Quello che emerge da questo romanzo attraverso le parole di Jake, è la concezione del
fatto che in realtà quella violenza era scaturita solo perché, in sintesi, la
gente fa schifo e non perché ci fosse una forte ideologia dietro ogni attacco. Jake, a cui è dedicata la parte narrata in prima persona, lo dice
chiaro e forte: la pace non la vuole veramente nessuno, neanche se si
raggiungesse l’obiettivo che i due partiti (cattolici e protestanti) si sono prestabiliti, perché la
malvagità è intrinseca nell’essere umano.
Eureka Street non parla solo della situazione politica dei
Troubles a Belfast ma parla anche di amore, amicizia, classe media, ricchezza,
povertà. Uno dei capitoli più belli e devastanti è quello dove viene descritto
nei minimi dettagli l’attentato di Fountain Street: all’inizio non capiamo
perché stiamo seguendo quel determinato personaggio di cui non abbiamo mai
sentito parlare prima. Poi, una volta che esplode la bomba, la descrizione si fa via via sempre più spietata e dettagliata, quasi fredda. Talmente oggettiva che fa venire i brividi.
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